Mica era facile come oggi.
Tanto per cominciare, nelle farmacie si stava tutti insieme, tra sconosciuti, appoggiati al bancone, e tutti sentivano tutto. Potevano essere supposte, farmaci contro l’impotenza – che forse non esistevano ancora – oppure semplicemente preservativi, quelli per cui noi adolescenti si entrava, ma la privacy andava a farsi fottere, giusto per rimanere in tema. E ti sentivi tutti gli occhi puntati addosso, tra la riprovazione generale.
Ricordo anche un farmacista cattolico, un po’ bigotto. Ero ad un passo dalla vittoria, in farmacia non c’era nessuno, ero entrato al momento giusto, anche se sugli scaffali non avevo visto nulla, glieli avevo chiesti con una certa educata e sicura baldanza, e lui dannazione mi aveva risposto che non li teneva. Era poi seguito un dibattito sul fatto che era un obiettore di profilattici ma poi avevo lasciato perdere, dato che una farmacia non aveva l’obbligo di tenerli e nel frattempo era entrata gente. Però che sfiga.
Poi c’era il mostro di Firenze, mica cavoli. Noi toscani quando riuscivamo ad appartarci con la fidanzata avevamo quel brivido in più che certo non faceva bene alla causa. Ci avevano distribuito dei volantini, che si intitolavano “Occhio ragazzi”, e il consiglio principale era quello di farlo tutti insieme, non in qualche macchia sperduta, ma in un piazzale, certo ognuno dentro la propria auto, però da essere in tanti, un rito sessuale collettivo che dava sicurezza. Il mostro mica faceva stragi, prendeva solo le coppie solitarie, e così ci sentivamo protetti.
E poi c’era lei, la compagna della nostra adolescenza, quella che negli spot televisivi se non ricordo male ti circondava la figura di rosa, e non si capiva ancora bene che faccia avesse, l’Aids. Però faceva paura, e quindi anche io ricordo che andai nella città vicina a fare un test per vedere se ce l’avevo oppure no. Era tutto ben organizzato, non si pagava il test, e nella piccola sala d’aspetto ci si guardava cercando di capire a quale categoria appartenessero gli altri, che mica c’era tanta scelta, drogati, oppure omosessuali o sfigati – pensavo – come me che non appartenevo a nessuna delle due ma che se ero lì qualche cazzata l’avevo fatta.
C’erano tanti pregiudizi, e un po’ di disinformazione. Ma non come quella di questi tempi, dove sui social hai la stessa autorevolezza di uno scienziato, era una disinformazione proprio per mancanza di informazione, per la delicatezza dell’argomento e per l’ingenuità un po’ generalizzata.
Un giorno squillò il telefono, rispose mia madre, e la voce trionfante dell’infermiera all’altro capo disse semplicemente “Dica pure a suo figlio che non ha l’Aids”, alla faccia della privacy, e mia madre cadde dalle nuvole, forse pensava che il problema non ci toccasse, ma toccava tutti, e insomma, se avessi voluto tenere segreto il test in famiglia, non ci sarei riuscito.
Quella volta era andata bene, la prossima sarei stato più attento, ma non ti potevi rilassare un attimo, anche quel bugiardino sulle gammaglobuline contro il morbillo, che mi avevano appena somministrate, paventavano il rischio di prendersi l’Aids, e quindi altra ansia.
Mica avevo il decespugliatore per combatterla, a quel tempo.
Oggi che è la Giornata mondiale contro l’Aids, mi sono venuti in mente un po’ di ricordi, e allora ricordiamoci di fare attenzione.