Alla fine di gennaio del 1959, un gruppo di ragazzi e ragazze, la maggior parte studenti o laureati dell’Istituto Politecnico degli Urali, in Unione Sovietica, decise di fare una escursione per raggiungere il monte Otorten. Erano tutti molto esperti, avevano già partecipato a spedizioni analoghe, e il percorso, pur considerato difficile, non destava particolari preoccupazioni.
Il 27 gennaio i dieci alpinisti si misero in cammino. Uno di loro, a causa di una indisposizione, dovette tornare indietro; nove proseguirono.
Il 1 febbraio iniziarono la parte finale della salita, dopo aver lasciato le provviste in eccedenza in una zona riparata. A causa di una tempesta di neve, persero l’orientamento e si trovarono in un luogo diverso rispetto a quello preventivato.
Erano rimasti d’accordo con i familiari che li attendevano a casa, che si sarebbero fatti sentire al più terdi verso il 12 di febbraio, quando secondo i programmi avrebbero dovuto essere di ritorno.
Ma non si fecero più sentire.
Il 20 febbraio compagni e insegnanti dell’istituto che frequentavano, si misero in cammino per cercarli, e subito dopo anche la polizia e l’esercito, con tutti i mezzi a disposizione.
Il 26 febbraio giunsero all’accampamento, e trovarono una situazione incomprensibile. Le impronte prendevano la direzione del bosco, per poi interrompersi. I primi due corpi furono rinvenuti solo con gli indumenti intimi e senza scarpe. Altri tre lontani gli uni dagli altri. I restanti, dopo qualche settimana, vennero trovati sotto la neve. Alcuni presentavano delle fratture piuttosto consistenti, come se fossero stati sottoposti a pressioni enormi. Altri avevano tracce consistenti di radioattività. Una persona non aveva più la lingua. La tenda era stata lacerata dall’interno verso l’esterno.
Nel maggio del 1959 l’inchiesta concluse che il gruppo era morto a causa di una “irrestistibile forza sconosciuta”. Alcuni testimoni riferirono di aver visto in cielo, in quelle notti, “sfere arancioni”, ma più tardi si ipotizzò fossero missili balistici lanciati per prove militari. Tracce di metallo furono trovate in tutta la zona.
Il mistero del Passo Djatlov è rimasto tale fino ad oggi. La situazione politica dell’epoca, con la guerra fredda e la dittatura in URSS, hanno contribuito a mantenerlo. Circa un anno fa, tuttavia, le autorità russe hanno dichiarato che avrebbero riaperto le indagini. Tra le ipotesi, una tempesta perfetta, di eccezionale potenza, che potrebbe aver provocato il disastro.
Nell’immagine, ricavata da una macchina fotografica che fu rinvenuta nei pressi, alcuni dei partecipanti all’escursione.