L’altro giorno, mentre camminavo conversando del più o del meno con una persona, questa mi ha espresso la sua contrarietà per il fatto che la concessionaria del servizio pubblico televisivo italiano, sperperasse i nostri soldi in una manifestazione canora che va per la maggiore in questi giorni.
Io le ho risposto che – per quel che ne so – i soldi che questa concessionaria ricava dalla manifestazione, sono maggiori rispetto a quelli che vi investe, e che tante persone per un motivo o per l’altro grazie ad essa trascorrono qualche ora spensierata ascoltando musica e discorsi di vario tipo, che male c’è.
Sembrava finita lì, e abbiamo proseguito in silenzio, ma la mia mente come al solito ha fatto un capitombolo ed è tornata indietro di mille anni, che questo spesso mi accade, ogni cosa del momento è un pretesto per andare a frugare nel passato, che è pieno di cose, a dir la verità sparpagliate alla rinfusa nella mia testa, ma basta una parola e si scatenano una miriade di riferimenti.
E loro mi sono venuti in mente: gli scialacquatori!
Non sono mille anni, forse ottocento, ma ad ogni modo, in quel di Siena, un gruppo di ragazzotti, come “Bartolomeo dei Folcacchieri detto l’Abbagliato”, o “Caccianemico d’Asciano” o “Stricca dei Salimbeni”, e che ci posso fare, ci si chiamava così, si misero insieme e crearono una vera e propria brigata spendereccia, con lo scopo di dilapidare i loro consistenti patrimoni, spendendo tutti i fiorini qua e là nel modo meno virtuoso possibile.
Ah che spettacolo! Ci riuscirono, eh, è stato anche calcolato che questi spenderecci in un paio d’anni fecero fuori qualcosa come una quindicina di milioni di euro dei giorni nostri, e chissà quanto si svagarono, beati loro, ne parlò anche Dante nella Commedia e Boccaccio in una sua novella.
Poi tutti i nodi vengono al pettine, e qualcuno di questi ragazzi terminò la propria esistenza in miseria, temo infelicemente, come mi capita di leggere ultimamente di qualche cantante, che durante la sua carriera ha guadagnato cifre incredibili, e poi verso la fine della propria esistenza, si trova ad aver sperperato tutto, e richiede l’intervento dello Stato per farsi sostenere un po’.