Nessuno rispettava volentieri l’obbligo di inchinarsi di fronte a quel cappello che – infilato in cima ad un palo nella pubblica piazza – rappresentava l’odiata autorità imperiale degli Asburgo.
Questi erano odiati perché facevano pagare un oneroso pedaggio a tutte le merci che transitavano dal passo del San Gottardo, e gli Svizzeri erano stufi di pagare, pagare, pagare, per ogni cosa che passava di lì.
Wilhelm, ad esempio, non ne voleva proprio sapere, era più forte di lui, e quel giorno non abbassò la testa. Albrecht, il balivo, lo venne a sapere, e lo citò in tribunale.
Wilhelm era famoso per la sua mira prodigiosa, e Albrecht per la sua fantasia, per cui quest’ultimo gli pose come condizione per non essere condannato, quella di scoccare una freccia per colpire una mela posta sopra la testa del figlio.
Wilhelm accettò la sfida, puntò la balestra verso il bersaglio e la freccia corse veloce fino a trapassare la mela, senza fare danni al giovane.
La cosa poteva finire lì, ma il balivo si accorse che Wilhelm di frecce ne aveva portate due, una l’aveva scoccata, e l’altra era rimasta nella faretra.
Gliene chiese il motivo, e Wilhelm dovette ammettere che se l’era portata in caso la prova non fosse riuscita: la seconda freccia sarebbe stata usata per uccidere il balivo. Quest’ultimo, di fronte alla sua confessione, lo fece arrestare e portare in prigione.
Durante il viaggio però Wilhelm riuscì a liberarsi, a raggiungere Albrecht e ad uccidere l’odiato balivo.
Fu l’occasione che gli Svizzeri aspettavano, e presa la palla al balzo, si ribellarono tutti, sconfiggendo gli Asburgo.
La vicenda di Guglielmo Tell è solo una leggenda, ma secondo la tradizione l’episodio della freccia avenne proprio oggi, il 18 di novembre, del 1307.
Molto amato dagli Svizzeri, quando Rossini scrisse l’opera omonima, dotarono i famosi autopostali gialli di un clacson che ne riproduceva alcune note, e credo che sia così ancora oggi.