È un piccolo giardino recintato, tra via di Ripoli e via Accolti, a Firenze. Vi si passa accanto distrattamente, e quasi non lo si vede, circondato com’è da un bidone per la raccolta differenziata, un parchimetro e magari qualche bicicletta appoggiata di lato.
Saranno pochi metri quadrati.
In mezzo c’è una colonna, con una lapide.
I Fiorentini però lo conoscono bene, e gli Aretini ancora di più. Quel giardinetto infatti è ufficialmente territorio del Comune di Arezzo, pur essendo in centro a Firenze.
Furono proprio i primi a darlo ai secondi, nel lontano 1289, chiedendo loro di occuparsi per sempre della sua manutenzione.
E così è stato, da allora.
In quel lembo di terra, un po’ più su o un po’ più giù, non si sa con esattezza, furono sepolti decine e decine di Aretini, fatti prigionieri nella battaglia di Campaldino, condotti a Firenze in catene, e messi in prigione, in attesa di un riscatto che per qualche centinaio di loro non arrivò mai. Morirono di stenti, e vennero sepolti in un luogo che da allora si chiama Canto degli Aretini.
Canto inteso come cantuccio, angolo, luogo.
E’ un posto nel quale, se ci si isola dal traffico e dalle preoccupazioni quotidiane, scende un po’ di tristezza.
La battaglia di Campaldino, 11 giugno 1289, fu combattuta per lo più da gente come noi, non da guerrieri professionisti o mercenari o capitani di ventura. Si partiva e si guerreggiava, e capitava di morire.
Magari avevi accanto Dante o Cecco Angiolieri, che vi parteciparono anch’essi, oppure un vicino di casa che era rimasto coinvolto, suo malgrado.
Bisognerà farci un passo, la prossima volta che si va a Firenze a fare un trekking urbano.