Indisciplinato lo era, indubbiamente. Ripreso più volte dal locale consiglio ecclesiastico, vuoi per il suo comportamento indecente, vuoi perché ogni tanto alzava le mani, un giorno Alexander Selkirk pensò che l’unica cosa che avrebbe potuto fare nella vita sarebbe stata quella di imbarcarsi e diventare un corsaro.
Essere corsaro tuttavia non era mica una cosa così riprovevole, nel Settecento! Lo si faceva legalmente, per così dire. Le navi ricevevano una “lettera di corsa” e con questo documento qualsiasi capitano poteva trasformare la propria imbarcazione in una nave da guerra, al servizio di qualcuno, e di conseguenza attaccare le navi nemiche.
Le guerre, allora come oggi, di certo non mancavano, anche per mare. In quel tempo la Gran Bretagna era in guerra con la Spagna, e chi aveva ricevuto una “lettera di corsa” dalla prima, poteva legittimamente attaccare le navi della seconda o quelle che le erano alleate. E viceversa.
Alexander si imbarcò in una nave che si chiamava Cinque Ports, al servizio del capitano Thomas Stradling e qualche combattimento lo fecero. Ma i rapporti tra i due – sai che sorpresa – erano via via degenerati, le discussioni non si contavano più, ognuno la pensava a modo suo, e quando la nave fece sosta in un’isola per i consueti rifornimenti di cibo e acqua, il dissidio divenne irrisolvibile.
Alexander sosteneva che la nave avrebbe dovuto fare una sosta prolungata, perché aveva bisogno di manutenzione dopo tutto quel guerreggiare; il capitano Thomas invece la pensava diversamente, avrebbe voluto subito riprendere il mare. Batti e ribatti, facciamo così, no facciamo cosà, alla fine Alexander decise di rimanere da solo nell’isola, piuttosto che salire su una nave che considerava malconcia. Nessuno si era unito a lui.
Tutti i torti non ce li aveva, considerato che la nave, una volta ripreso il mare, fece effettivamente naufragio, qualche tempo dopo.
Ma Alexander Selkirk era rimasto nell’isola, da solo, con le poche cose che gli avevano lasciato: un fucile, la polvere da sparo, qualche attrezzo, la Bibbia – hai visto mai ti venga voglia di leggere – e poche altre cose.
Un’isola deserta. Per quattro lunghi anni.
Non sto qui a descrivere tutte le pazzesche avventure che visse Alexander durante la sua forzata permanenza in questo piccolo isolotto al largo del Cile. Malattie, lotte con animali, incidenti, tempeste, notti trascorse in caverna, pericoli di ogni sorta, solitudine, depressione, e chi più ne ha più ne metta.
Nel febbraio del 1709 avvenne finalmente il tanto sognato salvataggio. Il corsaro fece ritorno in patria, dopo aver trascorso altro tempo dedicandosi alla pirateria. Nuove avventure, e tanti guai, ancora avrebbero abitato la sua esistenza.
Probabilmente si ispirò a lui, Daniel Defoe, quando poco dopo scrisse “Robinson Crusoe”, uno dei libri che più volentieri ho letto da ragazzo, senza pensare che dietro a questo personaggio di fantasia, molto probabilmente c’era la storia vera di Alexander Selkirk.