Ma che ne sapevo io che con tutta quella gente, tutto quel materiale, tutta quella salita, la locomotiva non ce l’avrebbe fatta, e che c’entro io se settecento persone erano salite in un treno merci pagando il biglietto, e chi glielo aveva fatto il biglietto, mica io, io dovevo solo condurre il treno, e il mio collega doveva solo buttare il carbone e lo buttava eccome, ma il treno si stava fermando proprio dentro alla galleria, mettine altro gli dicevo, ma più di così non si poteva, e anzi dopo che ci siamo fermati, che la salita era troppo ripida, il treno troppo pesante, abbiamo cominciato a retrocedere, e la locomotiva attaccata dietro alla mia – ed era un caso che ci fosse una seconda locomotiva, di solito era una sola – la locomotiva attaccata dietro alla mia dicevo, una volta che ha visto che stavamo tornando indietro, dai si mette a spingere ancora più forte in avanti, e quindi noi che vogliamo andare indietro per uscire dalla galleria, lei che spinge per andare avanti, e nemmeno ci vedevamo fra noi conduttori, che io ero su una locomotiva austriaca, stavo da una parte, e l’altro stava su una locomotiva italiana, stava dall’altro lato, e come se non bastasse ci si è messo anche il frenatore del carro di coda, che dato che c’era tira il freno, insomma è stato un disastro, siamo fermi in questa galleria, il carbone brucia, tutto quel fumo nero, il monossido di carbonio si sprigiona, io mi sento svenire, e forse sarà meglio, che non saprò mai che nel più grave incidente ferroviario mai capitato in Italia, più di cinquecento persone moriranno asfissiate, oggi è il 3 marzo del ’44 e a Potenza non ci arriveremo mai vivi, me compreso, cara mamma.