Ho iniziato la mia attività negli anni Novanta, e da allora alcune testate giornalistiche e radiofoniche si sono occupate di me.
Eccone una selezione.
Club 3
Nel 2001 il mensile Club 3 (oggi BenEssere), mi ha dedicato alcune pagine con un’intervista che ho rilasciato alla giornalista Mirella Camera, dedicata alla mia attività. L’articolo si intitola “Una storia fatta di storie” e ne riproduco una parte qua sotto.
Non è un commissario né un detective, ma entra in fibrillazione ogni volta che apre un nuovo “caso”: passa al setaccio i documenti, segue le tracce anche impalpabili che il tempo ha disseminato qua e là, fiuta gli indizi e non li molla anche se lo trascinano in giro per l’Italia. Non è un archeologo, ma scava nel passato esaminando e catalogando con cura gli oggetti che ne emergono: una vecchia spilla, una lettera d’amore, un dentino avvolto in una velina: ciascuno avrà il suo posto, come frammenti di un vaso da ricomporre. Non è un giornalista ma, registratore alla mano, intervista per ore e ore i suoi testimoni: li ascolta, li incoraggia, li provoca; poi riversa tutto quanto dal registratore al computer, attento a mantenere tutta la fragranza di quelle storie. E non è nemmeno uno scrittore, se per caso vi è venuto il sospetto, anche se alla fine qualcuna di queste vicende prende la forma di un libro. Più spesso un cd-rom con testi, foto e persino musiche. Marcello Paolocci è uno storico che, invece di lavorare in università o in qualche fondazione, fa il libero professionista. La sua è una vera passione: come un collezionista, va a caccia di storie minori e le raccoglie. Sognando, col tempo, di fare un grande archivio dove tutti possano liberamente servirsi dei ricordi altrui e portare i propri per costruire insieme una storia comune, che non è quella dei libri ma quella della vita. Sembra una fiaba di Gianni Rodari, ma Paolocci ci crede e ha già cominciato. Club3 lo ha intervistato per saperne di più.
Prima di tutto parliamo del suo lavoro. Chi sono i suoi clienti?
Privati, famiglie o aziende. Persone che vogliono raccontare la propria vita o quella della famiglia e pubblicarla. Oltre al classico libro biografico propongo anche l’uso di cd-rom, perché il digitale permette di poter salvare materiali diversi: suoni, scritti, immagini. Si possono inserire le foto di famiglia, ma anche un vecchio passaporto, una pagella, un certificato. E, volendo, pure una canzoncina o un racconto diretto. Soprattutto è un mezzo continuamente aggiornabile, grazie ai cd-rom riscrivibili.
Come avviene la ricerca?
Finché si va indietro a metà ‘800 è una cosa abbastanza semplice, ci sono i registri dello stato civile, si tratta di due o tre giornate di lavoro. Prima di quella data diventa più interessante, ma anche più lunga: bisogna consultare gli archivi parrocchiali, con i quali si può andare a ritroso fino al Concilio di Trento, quando fu stabilito di scrivere i battesimi, le nascite, i matrimoni e lo Stato delle anime, che significa notizie varie sulla famiglia e a volte anche un po’ di pettegolezzo. Però l’albero genealogico è solo una parte di base, tecnica: ci sono molte società che lo fanno. Io invece faccio un’altra cosa: utilizzo i vari elementi che emergono da queste ricerche per fare un’indagine e individuare una storia.
Come si sente ad entrare in vicende personali come quelle di una famiglia?
Per me è il momento più eccitante, quando si apre questa porta sul passato: mi trovo in una situazione a metà tra la storia, l’investigazione e il romanzo. Mi sento un po’ come un medico o un confessore, e ne ho coscienza: bisogna trattare questo materiale con grande serietà e molta delicatezza. L’incontro avviene di solito a casa di queste persone, c’è la fatidica ex scatola di biscotti dalla quale viene fuori una massa di foto e documenti, insieme a tutte quelle piccole testimonianze che sanno raccontare molte cose: articoli di giornale, medaglie, ricordini, menù di matrimoni, riccioli o dentini di bimbi, lettere d’amore. E naturalmente ci sono le rituali lacrime della persona che racconta… Una cosa è certa: il passato non è mai banale per me: trovo sempre cose curiose se non avvincenti.
Corriere della Sera
Nel 2005 il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo dedicato al fenomeno delle biografie su commissione, parlando di me e di altri colleghi. Ecco un estratto.
«No, per carità non potrei mai raccogliere una vita secondo schemi così rigidi – racconta Marcello Paolocci, di Massa, laurea in Storia e specializzazione in biografie e memoriali, una ventina di “bio” redatte -. Mi occorrono pomeriggi, passeggiate, telefonate. Dieci incontri e più. E poi la scrittura, sempre diversa e che si immedesima ai protagonisti». Paolocci racconta per lo più di donne, anziane o quarantenni, o di uomini che vogliono parlare del loro successo: «In un caso o nell’ altro, il desiderio è quello di lasciare qualcosa. Storie di famiglie, di svolte o di traguardi raggiunti. Specie per le persone più anziane diventa un bellissimo lavoro sui ricordi, e dopo un paio di appuntamenti arrivano tutti con bigliettini di appunti, foto ritrovate… Un collage incredibile».
L’articolo completo è ancora visibile nell’archivio del giornale, qui.
Radio Popolare
Mi è stata fatta un’intervista da Radio Popolare, che si può scaricare qui. Essa verteva per lo più su un progetto di salvaguardia delle fonti orali, che ho promosso negli anni scorsi.