Sopra ci stava il popolo grasso, che erano i borghesi che avevano fatto i soldi, i padroni; e sotto ci stava il popolo magro, cioè la plebe, i salariati, i lavoratori senza diritti, insomma.
Il malcontento di questi ultimi cresceva, cresceva, covava sotto la cenere, si trasformava in risentimento, in odio verso chi li privava non solo della possibilità di riunirsi in associazioni di categoria, ma anche di entrare in politica per cercare di migliorare le proprie condizioni.
Era maggio, come ora, e uno di questi operai decise che era giunta l’ora di ribellarsi a queste infami condizioni di lavoro. Radunò gli altri lavoratori più sfruttati, promosse uno sciopero, cercò di organizzare una sorta di fratellanza fra tutti loro, per far sentire la propria voce.
Non arrivò nemmeno alla fine del mese, venne arrestato e decapitato, insieme ai figli. Non aveva ricevuto l’appoggio sperato dalle altre organizzazioni operaie, i padroni erano riusciti a tenerli separati, e la repressione aveva vinto.
Mi è tornato in mente oggi, Primo maggio, Festa dei lavoratori. Si chiamava Ciuto Brandini, fu il promotore di uno dei primi tentativi di associazionismo operaio, era verso la metà del Trecento, a Firenze, e non è molto ricordato.
Ma di Ciuto Brandini, oggi al mondo, ce ne sono ancora centinaia di milioni, che magari non vengono decapitati, ma muoiono sotto il sole a raccogliere i pomodori, o vengono assassinati perché promuovono la protezione dei diritti e dell’ambiente.
Non li dimentichiamo.