Quando tutto questo marasma sarà terminato, e si potrà uscire, io non vedo l’ora di entrare in una biblioteca. Vivo in un piccolo borgo tra boschi e campagna, dove anche rispettando i duecento metri di passeggiata, in un attimo si è solitari in mezzo al verde, e quindi quest’ultimo non mi è mancato in queste settimane, mentre le biblioteche sì, eccome.
Oggi le biblioteche non sono un luogo per studiosi occhialuti, si sono trasformate, offrono molti servizi, vi si possono leggere giornali, riviste di tutti i tipi, guardare film, prenderli in prestito, consultare libri di molti generi diversi, e incontrare persone, magari nei caffè che sempre più spesso – almeno nelle città più grandi – vi sono al loro interno.
Tra le stupende biblioteche che abbiamo in Italia, vorrei segnalare la Malatestiana di Cesena, che forse non tutti conoscono, ma che recentemente è stata inserita – prima in Italia – nel Registro della Memoria del Mondo dell’Unesco, e che vanta altri due incredibili primati: è stata la prima biblioteca civica del nostro Paese e dell’Europa tutta, ed è l’unica biblioteca monastica giunta fino a noi esattamente come era a metà del Quattrocento, quando venne fondata.
Questa doppia caratteristica – essere sia civica, sia monastica – le ha permesso di conservare e promuovere fino ai giorni nostri un patrimonio librario di eccezionale importanza, che conta circa 250.000 volumi nella parte antica, e 100.000 nella parte moderna.
Venne fondata da Domenico Malatesta, su richiesta dei frati francescani, che non avevano più spazio per i loro libri, e quando fu terminata, vennero realizzate due chiavi: una per i frati e una per il Comune, per ribadirne la doppia proprietà. Il Signore di Cesena, inoltre, la dotò di una rendita che le permise di sopravvivere anche dopo la sua scomparsa.
Nell’immagine, la bozza di un dipinto Ottocentesco che raffigura l’inaugurazione.