Tornava a casa poco prima di cena, mio padre, e mi dava il Corriere della Sera che aveva comprato la mattina. Io prendevo questi fogli giganti – allora non c’era il formato tabloid di oggi – li stendevo sul pavimento del salotto, e mi mettevo a leggere.
Avevo imparato da poco, a leggere, e quindi all’inizio riuscivo a comprendere solo i titoli; poi con il passare del tempo anche l’occhiello, che sta sopra, e i sottotitoli, che stanno sotto. Più tardi, gli articoli interi, con i loro caratteri minuscoli.
La cronaca mi appassionava, se era nera ancora di più; la terza pagina, quella culturale, mi risultava incomprensibile; lo sport, noioso come oggi; la pagina degli spettacoli, così così.
Ma la cronaca, la cronaca di Milano, che meraviglia! Quei rapimenti, quelle coltellate, le rapine in banca (ah! Luciano Lutring, “solista del mitra”, che però a quel tempo era già in pensione, per così dire). Quante soddisfazioni, la malavita, per un lettore come me.
Ho imparato a leggere sul Corriere della Sera, e siccome allora c’era solo l’edizione milanese, io sono cresciuto sapendo tutto del Lorenteggio, di Rozzano e della prima alla Scala, mentre la realtà di Marina di Massa, dove vivevo, mi era perfettamente sconosciuta. Papà non comprava quotidiani locali e quindi è andata così.
Poi c’erano gli annunci economici, di tutti i tipi, e da ragazzetto mi meravigliavo di quante massaggiatrici ci fossero a Milano: forse a causa della nebbia e dell’umidità i muscoli dei lombardi avevano bisogno di loro, pensavo. Anni dopo, sul Corriere apparve anche un annuncio mio, quando facevo il biografo, e più tardi anche un articolo che parlava di me, che soddisfazione, non ci potevo credere.
Papà aveva l’abitudine di mettere da parte le copie che parlavano di qualche fatto eclatante, tipo lo sbarco sulla luna oppure il rapimento Moro; in famiglia poi conservavamo anche quelle di date importanti per noi, una nascita, un matrimonio, e via discorrendo. Io poi ho smesso di fare così, perché la casa è piccola e non so più dove mettere le cose, peccato.
Oggi do sempre un’occhiata al sito del Corriere, e mi esaspera fare lo slalom fra finestre di pubblicità che si aprono dappertutto, articoli sulle cose più sciocche che capitano nel mondo, l’inevitabile filmato del camionista cinese che fa strike sulla folla, e l’inguardabile articolo raffazzonato firmato “redazione web” che mi fa salire la pressione. Se poi c’è scritto “notizia in aggiornamento”, mi scoppiano le vene.
Ho anche provato ad abbonarmi, pensando che molte di queste cose le avrei così evitate, e d’altronde è giusto che il lavoro venga pagato, ma non ci sono riuscito, troppo complicato e incomprensibile per me, che forse sono rimasto poco sveglio come il bambino di allora.
La sera del 5 marzo 1876 usciva il primo numero del Corriere della Sera.